Le poesie di Fernando Pessoa

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    Diluente

    La vicina del numero quattordici rideva oggi sulla porta
    da dove un mese fa è uscito il funerale del figlio piccolo.
    Rideva in modo naturale con l’anima nel volto.
    D’accordo: è la vita.
    Il dolore non dura perchè il dolore non dura.
    D’accordo.
    Ripeto: d’accordo.
    Ma il mio cuore non è d’accordo.
    Il mio cuore romantico fa delle sciarade con l’egoismo della vita.
    Ecco la lezione, o anima di gente!
    Se la madre dimentica il figlio che uscì da lei ed è morto,
    chi si prenderà la briga di ricordarsi di me?

    Sono solo al mondo, come un mattone rotto...
    Posso morire come la rugiada si asciuga...
    Per un’arte naturale della natura solare...
    Posso morire per volontà dell’oblio,
    posso morire come nessuno...
    Ma questo duole,
    questo è indecente per chi ha un cuore...
    Questo...
    Sì, questo mi rimane nella strozza come un sandwich alle lacrime...
    Gloria? Amore? L’anelito di un’anima umana?
    Apoteosi alla rovescia...
    Datemi acqua minerale, che voglio dimenticare la Vita!...


    Non sono nulla

    Non sono nulla, non posso nulla,
    non perseguo nulla.
    Illuso, porto il mio essere con me.
    Non so di comprendere,
    né so se devo essere,
    niente essendo, ciò che sarò.
    A parte ciò, che è niente, un vacuo vento
    del sud, sotto il vasto azzurro cielo
    mi desta, rabbrividendo nel verde.
    Aver ragione, vincere, possedere l'amore
    marcisce sul morto tronco dell'illusione.
    Sognare è niente e non sapere è vano.
    Dormi nell'ombra, incerto cuore.


    Anniversario

    Al tempo in cui festeggiavano il giorno del mio compleanno,
    io ero felice e nessuno era morto.
    Nella casa antica, perfino il mio compleanno era una tradizione secolare,
    e l’allegria di tutti, e la mia, era giusta come una religione qualsiasi.

    Al tempo in cui festeggiavano il giorno del mio compleanno,
    avevo la grande salute di non capire alcunché,
    di essere intelligente per quelli della famiglia,
    e di non aver le speranze che gli altri avevano in mia vece.
    Quando arrivai ad avere speranze, non sapevo più avere speranze.
    Quando arrivai a guardare la vita, avevo perso il senso della vita.

    Sì, quello che fui di supposto per me stesso,
    quello che fui di cuore e famiglia,
    quello che fui di veglie di semiprovincia,
    quello che fui perché mi amavano e perché ero bambino,
    quello che fui – Dio mio!, quello che solo oggi so di essere stato...
    Com’è lontano!...
    (Nemmeno l’eco...)
    Il tempo in cui festeggiavano il giorno del mio compleanno!

    Ciò che oggi sono è come l’umidità nel corridoio in fondo alla casa,
    che provoca muffa nelle pareti...
    Ciò che oggi sono (e la casa di quelli che mi hanno amato trema attraverso le mie
    [lacrime),
    ciò che oggi sono è che abbiano venduto la casa,
    è che tutti siano morti,
    è che io sia sopravvissuto a me stesso come un fiammifero freddo...

    Al tempo in cui festeggiavano il giorno del mio compleanno...
    Quale oggetto d’amore è per me quel tempo, come una persona!
    Desiderio fisico dell’anima di essere lì un’altra volta,
    attraverso un viaggio metafisico e carnale,
    con una dualità da me a me...
    Mangiare il passato come pane per l’affamato, senza tempo di burro sotto i denti!

    Vedo tutto ancora una volta con una nitidezza che mi rende cieco alle cose presenti...
    La tavola apparecchiata con dei posti in più, con la porcellana migliore, con dei
    [bicchieri in più,
    la credenza con molte cose – dolci, frutta, il resto nell’ombra sotto la scansia –,
    le vecchie zie, i cugini estranei, e tutto era per me,
    al tempo in cui festeggiavano il giorno del mio compleanno...

    Fermati, cuore mio!
    Non pensare! Lascia il pensiero alla testa!
    Oh mio Dio, mio Dio, mio Dio!
    Oggi non compio più gli anni.
    Perduro.
    I miei giorni si addizionano.
    Sarò vecchio quando lo sarò.
    Nient’altro.
    Rabbia di non aver portato in tasca il passato rubato!

    Il tempo in cui festeggiavano il giorno del mio compleanno!...


    15 ottobre 1929

    Da: Fernando Pessoa, Poesie di Álvaro de Campos, (a cura di Maria José de Lancastre, traduzione di Antonio Tabucchi), Adelphi, Milano 1993.



    Nulla mi lega a nulla

    Nulla mi lega a nulla.
    Voglio cinquanta cose allo stesso tempo.
    Bramo con un'angoscia di fame di carne
    quel che non so cosa sia -
    definitamente l'indefinito...
    Dormo irrequieto e vivo in un irrequieto sognare
    di chi dorme irrequieto, mezzo sognando.
    Mi hanno chiuso tutte le porte astratte e necessarie,
    Hanno abbassato le tende dal di dentro di ogni ipotesi che avrei potuto vedere dalla via.
    Non c'è nel vicolo trovato il numero di porta che mi hanno dato.
    Mi sono svegliato alla stessa vita a cui mi ero addormentato.
    Perfino i miei eserciti sognati sono stati sconfitti.
    Perfino i miei sogni si sono sentiti falsi nell'essere sognati.
    Perfino la vita solo desiderata mi stanca; perfino questa vita...
    Comprendo a intervalli sconnessi;
    scrivo a intervalli di stanchezza;
    e perfino un tedio del tedio mi getta sulla spiaggia.
    Non so quale destino o futuro compete alla mia angoscia disalberata;
    non so quali isole del Sud impossibile mi aspettano naufrago;
    o quali palmeti di letteratura mi daranno almeno un verso.
    No, non so né questo né altro né niente...
    E in fondo al mio spirito, dove sogno quel che sognai,
    nelle estreme pianure dell'anima, ove ricordo senza motivo
    (il passato è una nebbia naturale di lacrime false),
    nelle strade, nei sentieri di remote foreste
    ove ho supposto il mio essere,
    fuggono in rotta, ultimi resti
    dell'illusione finale,
    i miei sognati eserciti, sconfitti senza essere esistiti,
    le mie coorti ancora da esistere, sgominate in Dio.


    Da: Fernando Pessoa, Lisbon revisited (1926) Poesie di Álvaro de Campos


    Stanchezza

    Quello che c'è in me è soprattutto stanchezza
    non di questo o di quello
    e neppure di tutto o di niente:
    stanchezza semplicemente, in sé,
    stanchezza.
    La sottigliezza delle sensazioni inutili,
    le violente passioni per nulla,
    gli amori intensi per ciò che si suppone in qualcuno,
    tutte queste cose -
    queste e cio' che manca in esse eternamente -
    tutto ciò produce stanchezza,
    questa stanchezza,
    stanchezza.
    C'è senza dubbio chi ama l'infinito,
    c'è senza dubbio chi desidera l'impossibile,
    c'è senza dubbio chi non vuole niente -
    tre tipi di idealisti, e io nessuno di questi:
    perchè io amo infinitamente il finito,
    perchè io desidero impossibilmente il possibile,
    perchè voglio tutto, o ancora di più, se può essere,
    o anche se non può essere...
    E il risultato?
    Per loro la vita vissuta o sognata,
    per loro il sogno sognato o vissuto,
    per loro la media fra tutto e niente, cioè la vita...
    Per me solo una grande, una profonda,
    e, ah, con quale felicità, infeconda stanchezza,
    una supremissima stanchezza,
    issima, issima, issima,
    stanchezza...

    Da: Fernando Pessoa, Poesie di Álvaro de Campos


    Licantropia

    In qualche luogo i sogni diventeranno realtà.
    C'è un lago solitario
    illuminato dalla luna per me e per te
    come nessuno per noi soli.

    Lì la scura bianca vela spiegata
    in un vago vento non sentito
    guiderà la nostra vita-sonno
    laddove le acque si fondono

    in un lido di neri alberi,
    dove i boschi sconosciuti vanno incontro
    al desiderio del lago di essere di più
    e rendono il sogno completo.

    Là ci nasconderemo e svaniremo,
    tutti vanamente al confine della luna,
    sentendo che ciò di cui siamo fatti
    è stato qualche volta musicale.


    L'abisso

    Tra me e la mia coscienza
    c' è un abisso
    nel cui fondo invisibile scorre
    il rumore di un fiume lontano dai soli,
    il cui suono reale è cupo e freddo -
    Ah, in qualche punto del pensare della nostra anima,
    freddo e scuro e incredibilmente vecchio,
    in se stesso e non nella sua dichiarata apparenza.

    Il mio ascoltare è diventato il mio vedere
    quel sommerso fiume senza luogo.
    Il suo rumore silenzioso libera sempre
    il mio pensiero dal potere del mio pensiero di sognare.
    Una temibile realtà appartiene
    a quel fiume di mute, astratte canzoni
    che parlano della non realtà
    del suo andare verso nessun mare.
    Ecco! Con gli occhi del mio sognato sentire
    io sento il non visto fiume trasportare
    verso dove non va tutte le cose
    di cui è fatto il mio pensiero - il Pensiero
    in Sé, e il Mondo, e Dio, che
    fluttuano in quell' impossibile fiume.

    Ah, le idee di Dio, del Mondo,
    di Me stesso e del Mistero,
    come da uno sconosciuto bastione colpito,
    scorrono con quel fiume verso quel mare
    che non ha raggiunto né raggiungerà mai
    e apparterrà al suo moto legato alla notte.
    Oh, ancora verso quel sole su quella spiaggia
    di quell' inattingibile oceano!


    L’Altrove

    Andiamo via, creatura mia,
    via verso l'Altrove.
    Lì ci sono giorni sempre miti
    e campi sempre belli.

    La luna che splende su chi
    là vaga contento e libero
    ha intessuto la sua luce con le tenebre
    dell'immortalità.

    Lì si incominciano a vedere le cose,
    le favole narrate sono dolci come quelle non raccontate,
    là le canzoni reali-sognate sono cantate
    da labbra che si possono contemplare.

    Andiamo via, creatura mia,
    via verso l'Altrove.
    Lì ci sono giorni sempre miti
    e campi sempre belli.

    La luna che splende su chi
    là vaga contento e libero
    ha intessuto la sua luce con le tenebre
    dell'immortalità.

    Lì si incominciano a vedere le cose,
    le favole narrate sono dolci come quelle non raccontate,
    là le canzoni reali-sognate sono cantate
    da labbra che si possono contemplare.

    Il tempo lì è un momento d'allegria,
    la vita una sete soddisfatta,
    l'amore come quello di un bacio
    quando quel bacio è il primo.

    Non abbiamo bisogno di una nave, creatura mia,
    ma delle nostre speranze finché saranno ancora belle,
    non di rematori, ma di sfrenate fantasie.

    Oh, andiamo a cercare l'Altrove


    Il violinista pazzo

    Non fluì dalla strada del nord
    né dalla via del sud
    la sua musica selvaggia per la prima volta
    nel villaggio quel giorno.
    Egli apparve all'improvviso nel sentiero,
    tutti uscirono ad ascoltarlo,
    all'improvviso se ne andò, e invano
    sperarono di rivederlo.
    La sua strana musica infuse
    in ogni cuore un desiderio di libertà.
    Non era una melodia,
    e neppure una non melodia.
    In un luogo molto lontano,
    in un luogo assai remoto,
    costretti a vivere, essi
    sentirono una risposta a questo suono.
    Risposta a quel desiderio
    che ognuno ha nel proprio seno,
    il senso perduto che appartiene
    alla ricerca dimenticata.
    La sposa felice capì
    d'essere malmaritata,
    L'appassionato e contento amante
    si stancò di amare ancora,
    la fanciulla e il ragazzo furono felici
    d'aver solo sognato,
    i cuori solitari che erano tristi
    si sentirono meno soli in qualche luogo.
    In ogni anima sbocciava il fiore
    che al tatto lascia polvere senza terra,
    la prima ora dell'anima gemella,
    quella parte che ci completa,
    l'ombra che viene a benedire
    dalle inespresse profondità lambite
    la luminosa inquietudine
    migliore del riposo.
    Così come venne andò via.
    Lo sentirono come un mezzo-essere.
    Poi, dolcemente, si confuse
    con il silenzio e il ricordo.
    Il sonno lasciò di nuovo il loro riso,
    morì la loro estatica speranza,
    e poco dopo dimenticarono
    che era passato.
    Tuttavia, quando la tristezza di vivere,
    poiché la vita non è voluta,
    ritorna nell'ora dei sogni,
    col senso della sua freddezza,
    improvvisamente ciascuno ricorda –
    risplendente come la luna nuova
    dove il sogno-vita diventa cenere –
    la melodia del violinista pazzo.


    Ode alla notte

    Vieni, Notte antichissima e identica,
    Notte Regina nata detronizzata,
    Notte internamente uguale al silenzio, Notte
    con le stelle, lustrini rapidi
    sul tuo vestito frangiato di Infinito.
    Vieni vagamente,
    vieni lievemente,
    vieni sola, solenne, con le mani cadute
    lungo i fianchi, vieni
    e porta i lontani monti a ridosso degli alberi vicini,
    fondi in un campo tuo tutti i campi che vedo,
    fai della montagna un solo blocco del tuo corpo,
    cancella in essa tutte le differenze che vedo da lontano di giorno,
    tutte le strade che la salgono,
    tutti i vari alberi che la fanno verde scuro in lontananza,
    tutte le case bianche che fumano fra gli alberi
    e lascia solo una luce, un'altra luce e un'altra ancora,
    nella distanza imprecisa e vagamente perturbatrice,
    nella distanza subitamente impossibile da percorrere.
    Nostra Signora
    delle cose impossibili che cerchiamo invano,
    dei sogni che ci visitano al crepuscolo, alla finestra,
    dei propositi che ci accarezzano
    sulle ampie terrazze degli alberghi cosmopoliti sul mare,
    al suono europeo delle musiche e delle voci lontane e vicine,
    e che ci dolgono perché sappiamo che mai li realizzeremo.
    Vieni e cullaci,
    vieni e consolaci,
    baciaci silenziosamente sulla fronte,
    cosi lievemente sulla fronte che non ci accorgiamo d'essere baciati
    se non per una differenza nell'anima
    e un vago singulto che parte misericordiosamente
    dall'antichissimo di noi
    laddove hanno radici quegli alberi di meraviglia
    i cui frutti sono i sogni che culliamo e amiamo,
    perché li sappiamo senza relazione con ciò che ci può
    essere nella vita.
    Vieni solennissima,
    solennissima e colma
    di una nascosta voglia di singhiozzare,
    forse perché grande è l'anima e piccola è la vita,
    e non tutti i gesti possono uscire dal nostro corpo,
    e arriviamo solo fin dove arriva il nostro braccio
    e vediamo solo fin dove vede il nostro sguardo.
    Vieni, dolorosa,
    Mater Dolorosa delle Angosce dei Timidi,
    Turris Eburnea delle Tristezze dei Disprezzati,
    fresca mano sulla fronte febbricitante degli Umili,
    sapore d'acqua di fonte sulle labbra riarse degli Stanchi.
    Vieni, dal fondo
    dell'orizzonte livido,
    vieni e strappami
    dal suolo dell'angustia in cui io vegeto,
    dal suolo di inquietudine e vita-di-troppo e false sensazioni
    dal quale naturalmente sono spuntato.
    Coglimi dal mio suolo, margherita trascurata,
    e fra erbe alte margherita ombreggiata,
    petalo per petalo leggi in me non so quale destino
    e sfogliami per il tuo piacere,
    per il tuo piacere silenzioso e fresco.
    Un petalo di me lancialo verso il Nord,
    dove sorgono le città di oggi il cui rumore ho amato come un corpo.
    Un altro petalo di me lancialo verso il Sud
    dove sono i mari e le avventure che si sognano.
    Un altro petalo verso Occidente,
    dove brucia incandescente tutto ciò che forse è il futuro,
    e ci sono rumori di grandi macchine e grandi deserti rocciosi
    dove le anime inselvatichiscono e la morale non arriva.
    E l'altro, gli altri, tutti gli altri petali
    – oh occulto rintocco di campane a martello nella mia anima! –
    affidali all'Oriente,
    l'Oriente da cui viene tutto, il giorno e la fede,
    l'Oriente pomposo e fanatico e caldo,
    l'Oriente eccessivo che io non vedrò mai,
    l'Oriente buddhista, bramanico, scintoista,
    l'Oriente che è tutto quanto noi non abbiamo,
    tutto quanto noi non siamo,
    l'Oriente dove – chissà – forse ancor oggi vive Cristo,
    dove forse Dio esiste corporalmente imperando su tutto...
    Vieni sopra i mari,
    sopra i mari maggiori,
    sopra il mare dagli orizzonti incerti,
    vieni e passa la mano sul suo dorso ferino,
    e calmalo misteriosamente,
    o domatrice ipnotica delle cose brulicanti!
    Vieni, premurosa,
    vieni, materna,
    in punta di piedi, infermiera antichissima che ti sedesti
    al capezzale degli dei delle fedi ormai perdute,
    e che vedesti nascere Geova e Giove,
    e sorridesti perché per te tutto è falso, salvo la tenebra e il silenzio,
    e il grande Spazio Misterioso al di la di essi... Vieni, Notte silenziosa ed estatica,
    avvolgi nel tuo mantello leggero
    il mio cuore... Serenamente, come una brezza nella sera lenta,
    tranquillamente, come un gesto materno che rassicura,
    con le stelle che brillano (o Travestita dell'Oltre!),
    polvere di oro sui tuoi capelli neri,
    e la luna calante, maschera misteriosa sul tuo volto.
    Tutti i suoni suonano in un altro modo quando tu giungi
    Quando tu entri ogni voce si abbassa
    Nessuno ti vede entrare
    Nessuno si accorge di quando sei entrata,
    se non all'improvviso, nel vedere che tutto si raccoglie,
    che tutto perde i contorni e i colori,
    e che nel cielo alto, ancora chiaramente azzurro e bianco all'orizzonte,
    già falce nitida, o circolo giallastro, o mero diffuso biancore, la luna comincia il suo giorno.


    Ho pena delle stelle

    Ho pena delle stelle
    che brillano da tanto tempo,
    da tanto tempo...
    Ho pena delle stelle.
    Non ci sarà una stanchezza
    delle cose,
    di tutte le cose,
    come delle gambe o di un braccio?
    Una stanchezza di esistere,
    di essere,
    solo di essere,
    l'essere triste lume o un sorriso...
    Non ci sarà dunque,
    per le cose che sono,
    non la morte, bensì
    un'altra specie di fine,
    o una grande ragione:
    qualcosa così, come un perdono?


    Autopsicografia

    Il poeta è un fingitore.
    Finge così completamente
    che arriva a fingere che è dolore
    il dolore che davvero sente.

    E quanti leggono ciò che scrive,
    nel dolore letto sentono proprio
    non i due che egli ha provato,
    ma solo quello che essi non hanno.

    E così sui binari in tondo
    gira, illudendo la ragione,
    questo trenino a molla
    che si chiama cuore.


    Sensazione

    I miei pensieri sono qualcosa che la mia anima teme.
    Fremo per la mia allegria.
    A volte mi sento invadere da
    una vaga, fredda, triste, implacabile
    quasi-concupiscente spiritualità.
    Mi fa tutt'uno con l'erba.
    La mia vita sottrae colore a tutti i fiori.
    La brezza che sembra restia a passare
    scrolla dalle mie ore rossi petali
    e il mio cuore arde senza pioggia.
    Poi Dio diventa un mio vizio
    e i divini sentimenti un abbraccio
    che annega i miei sensi nel suo vino
    e non lascia contorni nei miei modi
    di vedere Dio fiorire, crescere e splendere.
    I miei pensieri e sentimenti si confondono e formano
    una vaga e tiepida anima-unità.
    Come il mare che prevede una tempesta,
    un pigro dolore e un'inquietudine fanno di me
    il mormorio di un incalzante stormo.
    I miei inariditi pensieri si mescolano e occupano
    le loro interpresenze, e usurpano
    gli uni il posto degli altri. Non distinguo
    nulla in me tranne l'impossibile
    amalgama delle molte cose che sono.
    Sono un bevitore dei miei pensieri
    l'essenza dei miei sentimenti inonda la mia anima...
    La mia volontà vi si impregna.
    Poi la vita ferma un sogno e fa sfiorire
    la bellezza nel dolore dei miei versi.


    Non sto pensando a niente

    Non sto pensando a niente,
    e questa cosa centrale, che a sua volta non è niente,
    mi è gradita come l’aria notturna,
    fresca in confronto all’estate calda del giorno.

    Che bello, non sto pensando a niente!

    Non pensare a niente
    è avere l’anima propria e intera.
    Non pensare a niente
    è vivere intimamente
    il flusso e riflusso della vita...
    Non sto pensando a niente.
    E’ come se mi fossi appoggiato male.
    Un dolore nella schiena o sul fianco,
    un sapore amaro nella bocca della mia anima:
    perché, in fin dei conti,
    non sto pensando a niente,
    ma proprio a niente,
    a niente...


    Tutte le lettere d'amore

    Tutte le lettere d’amore sono
    ridicole.
    Non sarebbero lettere d’amore se non fossero
    ridicole.

    Anch’io ho scritto ai miei tempi lettere d’amore,
    come le altre,
    ridicole.

    Le lettere d’amore, se c’è l’amore,
    devono essere
    ridicole.

    Ma dopotutto
    solo coloro che non hanno mai scritto
    lettere d’amore
    sono
    ridicoli.

    Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
    senza accorgermene
    lettere d’amore
    ridicole.

    La verità è che oggi
    sono i miei ricordi
    di quelle lettere
    a essere ridicoli.

    (Tutte le parole sdrucciole,
    come tutti i sentimenti sdruccioli,
    sono naturalmente
    ridicole).


    Magnificat

    Quando passerà questa notte interna, l’universo,
    e io, l’anima mia, avrò il mio giorno?
    Quando mi desterò dall’essere desto?
    Non so. Il sole brilla alto:
    impossibile guardarlo.
    Le stelle ammiccano fredde:
    impossibile contarle.
    Il cuore batte estraneo:
    impossibile ascoltarlo.
    Quando finirà questo dramma senza teatro,
    o questo teatro senza dramma,
    e potrò tornare a casa?
    Dove? Come? Quando?
    Gatto che mi fissi con occhi di vita,
    chi hai là in fondo?
    Si, sì, è lui!
    Lui, come Giosuè, farà fermare il sole
    e io mi sveglierò;
    e allora sarà giorno.
    Sorridi nel sonno, anima mia!
    Sorridi anima mia: sarà giorno!


    Questo

    Dicon che fingo o mento
    quanto io scrivo. No:
    semplicemente sento
    con l'immaginazione,
    non uso il sentimento.

    Quanto traverso o sogno,
    quanto finisce o manco
    è come una terrazza
    che dà su un'altra cosa.
    É questa cosa che è bella.

    Così, scrivo in mezzo
    a quanto vicino non è:
    libero dal mio laccio,
    sincero di quel che non è.
    Sentire? Senta chi legge.


    La morte è la curva della strada

    La morte è la curva della strada,
    morire è solo non essere visto.
    Se ascolto, sento i tuoi passi
    esistere come io esisto.
    La terra è fatta di cielo.
    Non ha nido la menzogna.
    Mai nessuno s'è smarrito.
    Tutto è verità e passaggio.


    Amo tutto ciò che è stato

    Amo tutto ciò che è stato,
    tutto quello che non è più,
    il dolore che ormai non mi duole,
    l'antica e erronea fede,
    l'ieri che ha lasciato dolore,
    quello che ha lasciato allegria
    solo perché è stato, è volato
    e oggi è già un altro giorno.


    Le isole fortunate

    Quale voce viene sul suono delle onde
    che non è la voce del mare?
    È la voce di qualcuno che ci parla,
    ma che, se ascoltiamo, tace,
    proprio per esserci messi ad ascoltare.
    E solo se, mezzo addormentati,
    udiamo senza sapere che udiamo,
    essa ci parla della speranza
    verso la quale, come un bambino
    che dorme, dormendo sorridiamo.
    Sono isole fortunate,
    sono terre che non hanno luogo,
    dove il Re vive aspettando.
    Ma, se vi andiamo destando,
    tace la voce, e solo c'è il mare.


    Nulla

    Gli angeli vennero a cercarla
    la trovarono al mio fianco,
    lì dove le sue ali l'avevano guidata.
    Gli angeli vennero per portarla via.
    Aveva lasciato la loro casa,
    il loro giorno più chiaro
    ed era venuta ad abitare presso di me.
    Mi amava perché l'amore
    ama solo le cose imperfette.
    Gli angeli vennero dall'alto
    e la portarono via da me.
    Se la portarono via per sempre
    tra le ali luminose.
    È vero che era la loro sorella
    e così vicina a Dio come loro.
    Ma mi amava perché
    il mio cuore non aveva una sorella.
    Se la portarono via,
    ed è tutto quel che accadde.


    Se qualcuno..

    Se qualcuno un giorno bussa alla tua porta,
    dicendo che è un mio emissario,
    non credergli, anche se sono io;
    ché il mio orgoglio vanitoso non ammette
    neanche che si bussi
    alla porta irreale del cielo.
    Ma se, ovviamente, senza che tu senta
    bussare, vai ad aprire la porta
    e trovi qualcuno come in attesa
    di bussare, medita un poco. Quello è
    il mio emissario e me e ciò che
    di disperato il mio orgoglio ammette.
    Apri a chi non bussa alla tua porta.


    Tra il sonno e il sogno

    Tra il sonno e il sogno
    tra me e colui che in me
    è colui che suppongo,
    scorre un fiume interminato.
    È passato per altre rive,
    sempre nuove più in là,
    nei diversi itinerari
    che ogni fiume percorre.
    È giunto dove oggi abito
    la casa che oggi sono.
    Passa, se io medito;
    se mi desto, è passato.
    E colui che mi sento e muore
    in quel che mi lega a me
    dorme dove il fiume scorre –
    questo fiume interminato.


    Il 13 gennaio 1920 Pessoa compose questa desolata poesia:

    Altri avranno
    un focolare, qualcuno che sappia, amore, pace, un amico.
    L'intera, nera e fredda solitudine
    mi accompagna.
    Per altri forse
    vi è qualcosa di caloroso, eguale, affine
    nel mondo reale. Il mio turno
    mai arriva.
    «Che importa?», dico.
    Ma solo Dio sa che non lo credo.
    Neppure un casuale mendicante sulla mia porta
    sedersi vedo.
    «Chi dovrebbe essere?»
    Men non soffre chi lo riconosce.
    Soffre chi finge di disprezzare la sofferenza
    poiché non scorda.
    Questo, fino a quando?
    Solo mi consola
    l'avere gli occhi che si vanno all'oscurità
    abituando.


    Contemplo il lago silenzioso
    che la brezza fa rabbrividire.
    Non so se penso a tutto
    o se tutto mi dimentica.
    Nulla il lago mi dice
    né la brezza cullandolo.
    Non so se sono felice
    né se desidero esserlo.
    Tremuli solchi sorridono
    sull'acqua addormentata.
    Perché ho fatto dei sogni
    la mia unica vita?


    Tre estratti dalle ”Odi di Ricardo Reis”

    1
    "Nessuno, nell’ampia foresta vergine
    del mondo innumero, finalmente
    vede il Dio che conosce.
    Solo quel che la brezza reca si ode nella brezza
    Quel che pensiamo, sia amore o dei,
    passa, perché passiamo."
    2
    "Non so di chi ricordo il mio passato
    che altro fui quando fui, né mi conosco
    come se con la mia anima sentissi
    quell’anima che nel sentire ricordo.
    Da un giorno all’altro ci lasciamo.
    Nulla di vero a noi ci unisce:
    siamo chi siamo, e chi siamo stati fu
    cosa vista di dentro."
    3
    "Se ad ogni cosa un dio compete,
    perché non ci sarà di me un dio?
    Perché io non lo sarò?
    E’ in me che il Dio dà vita
    perché io sento.
    Il mondo esterno chiaramente vedo:
    cose, uomini, senz’anima."


    Brani estratti da "Odi di Ricardo Reis" ed. La vita felice - Milano

    ……
    No: non voglio nulla.
    Ho già detto che non voglio nulla.
    Non mi si venga con conclusioni!
    L'unica conclusione è morire.
    Non mi si venga con estetiche!
    Non mi si parli di morale!
    Mi si porti via di qui la metafisica!
    Non mi si proclamino sistemi completi, non mi si elenchino conquiste
    delle scienze (della scienze, mio Dio, delle scienze!) -
    delle scienze, delle arti, della civiltà moderna!
    Che male ho fatto io agli dèi tutti?
    Se avete la verità, tenetevela!
    Sono un tecnico, ma ho tecnica solo dentro la tecnica.
    A parte questo sono pazzo, con tutto il diritto di esserlo.
    Con tutto il diritto di esserlo, capito?
    Non mi seccate, per l'amor di Dio!
    Mi si voleva sposato, quotidiano e tassabile?
    Mi si voleva il contrario di questo, il contrario di qualcosa?
    Se io fossi un'altra persona tutti asseconderei.
    Così, come sono, abbiate pazienza!
    Andate al diavolo senza di me,
    o lasciatemi andare al diavolo da solo!
    Perché dovremmo andarci insieme?
    Non mi si afferri il braccio!
    Non mi piace che mi si afferri per il braccio. Voglio essere solo,
    ho già detto che sono solo da solo!
    Ah, che seccatura voler che io sia di compagnia!
    O cielo azzurro -lo stesso della mia infanzia-
    eterna verità vuota e perfetta!
    O ameno Tago ancestrale e muto,
    piccola verità in cui il cielo si riflette!
    O amarezza rivisitata, Lisbona di un tempo e di oggi!
    Nulla mi date, nulla mi togliete, nulla che io mi senta siete.
    Lasciatemi in pace! Non m'attardo, che io non m'attardo mai...
    E finché s'attardano l'Abisso e il Silenzio voglio stare solo!


    ….
    Spero? No.
    Dovrei Sperare?
    Non lo so. Perché esisto lo ignoro,
    Voglio dormire e dimenticare.

    Se solo ci fosse un balsamo per l'anima
    Capace di calmarla,
    Condurla in una sorta di pace
    Che, senza pensare,

    Possa durare tutta la vita,
    Che possa contenere tutti i pensieri -
    Poi […]


    La Poesia

    Nella mia mente è scolpita una poesia
    che esprimerà la mia anima intera

    La sento vaga come il suono e il vento
    eppure scolpita in piena chiarezza.

    Non ha strofa, verso né parola
    non è neppure come la sogno.

    E' un mero sentimento, indefinito,
    una felice bruma intorno al pensiero.

    Giorno e notte nel mio mistero
    la sogno, la leggo e riprovo a sillabarla,

    e sempre la parola precisa è sul bordo di me stesso
    come per librarsi nella sua vaga compiutezza.

    So che non sarà mai scritta.
    So che non so che cosa sia.

    Ma sono contento di sognarla,
    e una falsa felicità, benché falsa, è felicità.


    Sogno

    Era un luogo solitario
    di silenzio e di luna.
    Tutto come una laguna.
    Non vi penetrava alcun affanno
    tranne il vago deliquio del vento.

    Paesaggio intermedio
    tra sogni e terra.
    Il vento si era placato, soffiando piano.
    Ricche di alghe erano le acque
    dove immergevamo la nostra mano.

    Lasciavamo la mano vagare
    nell'acqua non vista.
    I nostri occhi erano abbagliati
    dal meandro illuminato di luna
    nello scenario della foresta.

    Perdevamo lo spirito
    del nostro quieto essere noi stessi.
    Eravamo liberi come fate,
    non avendo da ereditare
    niente dall'essere.

    Lì le fate e i folletti
    imporporavano i loro strascichi illuminati dalla luna.
    Lì per un pò conquisteremo
    l'inafferrabilità dell'io
    che non si può mai ottenere.


    Episodio

    Qualunque cosa sognamo,
    ogni sogno è realtà.
    Tutto quel che appare,
    Dio lo fa visibile
    e dunque è
    reale come ogni cosa.

    Tutto ciò che desideriamo,
    lo otteniamo altrove,
    ora, sempre ora, e qui
    siamo ricchi dell'al di là.
    Nel nostro sentirci io
    autodiscerniamo Dio.

    A volte penso che la speranza
    possa tramutare tutto in realtà,
    ma mi fermo, brancolo
    e la vita, la paura e il dolore
    è tutto ciò che resta.
    Perché dunque queste pene,

    quest'inquietudine che fa fremere
    di una possibile gioia
    tutto il dolore che colma
    la nostra speranza fino a nausearla?
    Perché tutto questo, perché,
    se tutto è incerto?
    Oh, concedetemi una brezza
    su di un prato di questa terra,
    e lasciate che quella brezza appaghi
    benché io non capisca.
    Per ogni angoscia c'è
    un vago desiderio di felicità.


    Poco importa da dove la brezza...

    Poco importa da dove la brezza
    trae l'aroma che in essa viene.
    Il cuore non ha bisogno
    di sapere cos'è il bene.
    A me basti a quest'ora
    la melodia che culla.
    Che importa se, lusingando,
    le forze dell'anima spegne?

    Chi sono, perché il mondo si perda
    dietro quel che penso sognando?
    Se mi avvolge la melodia
    solo il suo avvolgermi io vivo...


    Guardando il tago

    Ella guidò il suo gregge al di là delle colline,
    la sua voce riecheggia verso di me nel vento,
    e una sete per il suo dolore colma
    in me quanto è indefinito.

    Laghi spirituali cinti di rocce
    dormono nel vuoto della sua canzone.
    Lì la sua astersa nudità indugia
    e guarda a lungo la sua ombra ristagnata.

    Ma, di tutto questo, è reale
    solo la mia anima, la sera, il molo
    e, ombra del mio sogno di tutto,
    il dolore di un nuovo dolore in me."


    Va': non hai niente da perdonare

    "Va': non hai niente da perdonare.
    Sognare è meglio che vivere.

    Ma vedrà il sorgere del sole
    colui che lascia ogni cosa incompiuta;
    il cui pensiero si allontana dal dover pensare
    come il sostituirsi di una maschera.

    Solo errerà attraverso valli ancora più verdi
    di quelle che splendono dalle finestre
    delle favole per bambini,
    colui che pensa che il mondo si rinnova.

    Solo per colui che siede e canta
    presso gli steccati dimenticando la propria strada
    il passero fatato spiega le sue ali
    e i fiori magici crescono più rigogliosi.

    Non troverà una mano che nutra
    le fonti silenziose del suo desiderio.

    Nessuno gli indicherà il ruscello dove
    possa appagare la sete dell'infanzia.

    Ma vallate più verdi dell'Oggi
    e pensieri più cari del Lontano
    busseranno alla sua finestra e sveglieranno
    la sua freschezza altre seti da appagare.

    Così come una silenziosa sartina seduta
    alla finestra all'ora del tramonto
    in un villaggio sconosciuto
    egli non apparterrà a nulla di insano,

    ma, incorporea come un augurio,
    la sua anima attraverserà come un arcobaleno
    i pascoli verde - pioggia del suo perdersi
    e la terra diventerà parola."


    Sono pallido e tremo

    Sono pallido e tremo.
    Quale potere del chiar di luna
    vibrante sotto il fiume
    mi addolora così con diletto?

    Quale incantesimo raccontato dalla luna
    libera la mia anima intera?
    Oh, parlami! Svengo!
    Cede in me il dominio sulla vita!

    Io sono uno spirito lontano, perfino
    nel luogo sentito di me stesso.
    O fiume troppo sereno
    per la mia tranquillità!

    O mal di vivere!
    O tristezza per un qualcosa!
    O luna - dolore che mi dai la consapevolezza
    di essere inutilmente re

    Nel magico confine di un reame muto,
    in una solitaria terra lunare!
    O sofferenza di un flauto che muore
    mentre vorremmo che continuasse a suonare!"


    Incantesimo

    "Dalla sponda dei sogni illuminata dalla luna
    tendo le mani vinte verso te,
    oh, declinanti altri fiumi
    che gli occhi possano pensare di vedere!
    Oh, incoronati con la luce dello spirito!
    Oh, velati di spiritualità!

    I miei sogni e i miei pensieri piegano
    i loro stendardi ai tuoi piedi.
    Oh, angelo nato troppo tardi
    perché ti incontri un uomo affranto!
    In quale nuova condizione dei sensi
    potrebbero le nostre vite unite sentire tenerezza?

    Quale nuova emozione devo
    sognare per pensare che mi appartieni?
    Quale purezza della lussuria?
    Oh, cirri della vite
    attorno alla mia vagheggiata speranza!
    Oh, sogno - pigiato vino - anima!"



     
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