Università di Basilicata in lutto: è morto il rettore

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  1. Dailypain
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    Si definiva «uno scienziato prestato alla didattica». La «mission» all’interno dell’ateneo lucano era figlia del suo approccio: puntare sulla ricerca e dare un refresh di immagine a un’istituzione «bisognosa di un nuovo slancio». Parole che riecheggiano nel suo ufficio. Rimasto vuoto. Antonio Mario Tamburro, rettore dell’Università di Basilicata, è morto ieri sera a causa di una malattia che lo ha fulminato all’improvviso. Nato 70 anni fa a Trieste, chimico di fama internazionale, Tamburro si è laureato a Padova nel 1962 e ha insegnato chimica organica a Potenza dal 1986, prima di diventare rettore dell’ateneo lucano il 9 giugno del 2006. Quello della ricerca era uno dei tasselli del mosaico che Tamburro intendeva costruire per il futuro dell’ateneo di Basilicata. Il rettore trasudava entusiasmo e ironia: «Se tra sei mesi mi renderò conto che non potrò portare a compimento il mio programma - tuonò nel giorno del suo insediamento - sono pronto a dimettermi».

    Più che una convinzione, una provocazione: «Calma - disse - è solo un messaggio per i miei detrattori. Che si arrovellino pure». Tamburro era questo. Non amava i protocolli, il linguaggio «politically correct». E le cravatte. Diceva di essere allergico «... al cappio», pur avendo una collezione nell’armadio, e amava girare con il suo comodo maglioncino blu che faceva tanto «finto trasandato chic». Non nascondeva le sue simpatie a sinistra e non si sottraeva al confronto con i giovani: «Ai miei tempi leggevano molto di più, avevano un futuro a cui guardare a differenza dei ragazzi di oggi che hanno poco alle spalle». Pillole di saggezza che restano impresse nella memoria di quanti hanno apprezzato Tamburro. E di quanti oggi lo piangono.

    Fioccano i commenti, i ricordi, gli attestati di stima: l’on. Salvatore Margiotta (Pd) evidenzia di «aver sempre apprezzato la sua profonda cultura, scientifica ed umanistica», il sen. Filippo Bubbico (Pd) rileva la «perdita di un intellettuale di grande finezza e qualità». Il sen. Cosimo Latronico (Pdl) si dice rattristato: «Da posizioni diverse - sottolinea - l'ho sempre stimato». Sulla stessa lunghezza d’onda il consigliere regionale Sergio Lapenna e il sen. Egidio Digilio (Pdl) con il quale Tamburro ha spesso litigato: «Le frequenti divergenze di opinione - dice - non hanno mai intaccato la mia stima per un intellettuale che ha dato un'impronta, condivisibile o non, al nostro ateneo». Si accodano al cordoglio anche il governatore lucano, Vito De Filippo («perdiamo una personalità del mondo scientifico che ha saputo elevare la qualità dell’ateneo»), il sindaco di Potenza, Vito Santarsiero («scompare una figura di assoluto valore scientifico che sin dall’inizio ha qualificato la nostra Università»), il presidente della Provincia, Piero Lacorazza («un vuoto nel mondo della ricerca scientifica italiana»), il presidente del Consiglio provinciale, Prospero De Franchi («ricorderemo la sua instancabile devozione al lavoro»), il segretario nazionale del Pdci Oliviero Diliberto e il capogruppo del Pdci alla Regione Giacomo Nardiello («scompare un intellettuale al servizio di tutti gli atenei del Sud»), il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Oreste Lo Pomo, e Ruben Razzante, direttore del master in Giornalismo («ci mancheranno la sua intelligenza e lo spirito di collaborazione per lo sviluppo del master»).

    Il ritratto: il vino, la musica e l’ironia

    «Era di maggio. Poi fu l’inverno. - Quarto binario tronco lato sud». Antonio Mario Tamburro aveva scritto questo racconto un po’ per fermare il tempo e non smarrire la memoria. Un po’ forse per rimanere fedeli a se stessi. Alla propria storia. Aveva voluto presentarlo, con un gruppo di amici e di colleghi, in una sera d’aprile, davanti a un buon bicchiere di vino, fra note di chitarra in una cantina di Rionero. Col vino e la musica che erano due dei suoi amori. Come la scienza, la bellezza, la rivoluzione.
    Tamburro non amava recitare la parte del rettore impettito. Lui, col suo sorriso ironico e un po’ guascone, con le sue uscite sempre un po’ fuori dalle righe, il suo aspetto talvolta un po’ burbero, era un uomo di qualità e di acuta intelligenza. Uno scienziato capace di ascoltare e di apprezzare. Uno che disprezzava le ipocrisie e che custodiva il pudore delle emozioni. Era uno che si spendeva. Per le cose e le persone in cui credeva. Per i suoi ragazzi, per la ricerca. Manteneva un entusiasmo e una passione per la vita che sapeva quasi di adolescenza. Non era mai banale. Era uno di quelli che si può amare o detestare. Come le persone autentiche. Apparteneva alla stirpe dei generosi. Degli irriducibili per i valori e gli ideali che gli hanno segnato l’esistenza. Era speciale.
    Se n’è andato a suo modo. Con l’uscita di scena inattesa. Spiazzando tutti. Di quel suo volume egli stesso scrisse: «Questo è un libro su come eravamo e su come non siamo più, questo è un libro su come potevamo essere e su come non siamo stati, su come vivevamo allora e su come sopravviviamo adesso. Questo è anche un libro con una storia d’amore...».

    La commozione nella camera ardente

    POTENZA - Ai piedi della bara di Antonio Mario Tamburro – il rettore dell’Università della Basilicata, morto ieri dopo una breve malattia – ci sono il tocco e la toga, simboli istituzionali di un Ateneo che si stringe intorno al “Magnifico” nella camera ardente allestita stamani, a Potenza, nell’aula magna del polo universitario del Francioso: intorno al feretro tanti studenti, l’anima accademica, che porge l’ultimo saluto “a chi per anni si è speso per loro”.

    L'attività didattica è sospesa fino alle ore 14 di domani: i funerali di Tamburro sono previsti alle ore 11, con un’orazione funebre all’interno dell’aula magna e, probabilmente, la cerimonia in una chiesa a pochi passi dalla struttura. In mattinata in tanti hanno raggiunto la camera ardente, dai docenti al personale amministrativo dell’università, fino alle autorità militari e civili lucane.
    Dietro la bara, i quattro gonfaloni (Regione, Provincia, Comune e Ateneo) listati a lutto. Tutti dicono che di Tamburro si “sentirà la mancanza, nelle aule e nei corridoi”, spiegano alcuni studenti, ma soprattutto “un gentiluomo che mancherà a questa regione, e ce ne renderemo conto – bisbigliano altri all’ingresso del polo universitario – già da domani”.
     
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