Sassari-Chilivani, slitta la riapertura della ferrovia

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  1. Dailypain
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    La situazione rimane incerta dopo l'incidente del 19 dicembre in cui perse la vita il macchinista Giuseppe Solinas

    SASSARI. Il territorio di Sassari rischia di perdere il collegamento ferroviario. Si allungano, infatti, i tempi per la riapertura della linea Sassari-Chilivani e la situazione di incertezza, alimentata da una serie di paure generate dalla tragedia del 19 dicembre (l’incidente nel quale ha perso la vita il macchinista Giuseppe Solinas, 49 anni, di Ploaghe), porta nuovi problemi.

    Il territorio del Sassarese - che già deve fronteggiare la precarietà di collegamenti stradali (uno per tutti la Sassari-Olbia, tanto per citare una delle battaglie portate avanti senza soluzione da troppi anni) ora teme che l’incidente di Scala di Giocca possa determinare un «taglio» della linea ferroviaria e spingere verso un pericoloso isolamento. Con ripercussioni pesanti non solo sotto il profilo dei collegamenti ma anche dell’o ccupazione.

    Ieri la Filt-Cgil di Sassari ha lanciato l’allarme. «Non accetteremo il silenzio dell’attesa senza data - ha detto il segretario generale Arnaldo Boeddu - e le lungaggini burocratiche con il rimpallo delle competenze tra le diverse istituzioni. Il rischio è che la gente si abitui a viaggiare solo con le auto private, una scelta obbligata e dettata da chi decide di considerarci cittadini di serie B».

    E il segretario generale della Cgil Trasporti pone in evidenza anche la preoccupazione per i possibili tagli occupazionali in un settore già segnato da forti ridimensionamenti. «In presenza di scenari come quello conseguente all’incidente nel quale ha perso la vita il nostro collega - spiega Boeddu - ci sono lavoratori che rischiano il posto. Se da un lato i dipendenti diretti di Trenitalia e Rfi (Rete ferroviaria italiana) possono trovare una collocazione (con trasferimenti che, comunque, determinano grandi sacrifici personali e familiari), i lavoratori che operano nel settore degli appalti ferroviari si trovano già in grosse difficoltà. Le aziende hanno collocato quasi tutti i dipendenti in ferie d’ufficio e hanno già comunicato alle organizzazioni sindacali che, qualora la questione non dovesse sbloccarsi, saranno costrette a prendere provvedimenti radicali. Non possiamo accettare che i lavoratori paghino per responsabilità di altri».

    La chiusura della linea Sassari-Chilivani, intanto, sembra destinata a prolungarsi per alcune settimane, secondo l’ultima stima dei tecnici per più di un mese. Le Ferrovie hanno ovviato inserendo una linea sostitutiva su gomma, con l’autobus che collega la stazione di Sassari con quella di Ploaghe dove, poi, i passeggeri possono salire sul treno e proseguire verso le destinazioni programmate. Le valutazioni di questi giorni hanno messo in evidenza che un solo autobus (da 54 posti) non è sufficiente e, spesso, occorre il secondo mezzo. Numeri che confermano la scelta degli utenti per il collegamento ferroviario, evidentemente considerato meno problematico rispetto al vettore stradale. E le preoccupazioni del dopo incidente nascono proprio dal fatto che gli utenti possano perdere l’abitudine all’uso del treno, annullando in poche settimane di assenza del servizio tutte le valutazioni positive che avevano favorito la scelta iniziale.

    «È chiaro che l’autobus da Sassari a Ploaghe è una situazione di emergenza - ha sottolineato Arnaldo Boeddu -, un servizio sostitutivo. Ma è anche un disagio, perchè comunque il pendolare deve fare i conti con una mobilità “mista” che ti costringe a prendere prima l’autobus e poi il treno. A lungo andare potrebbe anche venire meno la disponibilità a fare cambiamenti lungo il percorso, specie se non dovessero arrivare in tempi brevi le certezze sul ripristino della linea».

    La complessità della situazione ha spinto tutte le istituzioni competenti a procedere con estrema cautela. Nessuno vuole assumersi la responsabilità della riapertura della linea Sassari-Chilivani se prima non arrivano tutte le rassicurazioni sulla eliminazione dei pericoli che, purtroppo, sono stati confermati anche dagli ultimi sopralluoghi. È stata anche costituita una task-force della quale fanno parte il Comune di Muros (territorio nel quale ricade il costone interessato dalla frana), i rappresentanti degli assessorati regionali dei Trasporti, dei Lavori pubblici e della Difesa dell’ambiente, oltre a quelli della prefettura, della Provincia di Sassari, dei vigili del fuoco, del Genio civile e delle Ferrovie dello Stato. Un lavoro delicato, che deve tenere conto anche dell’inchiesta giudiziaria (disastro ferroviario e omicidio colposo) avviata dalla procura della Repubblica di Sassari e in pieno svolgimento per l’accertamento delle responsabilità. Presto potrebbero esserci i primi indagati.

    Sassari, treno contro masso: morto uno dei due macchinisti

    Un treno delle Ferrovie dello Stato in servizio sulla Sassari-Chilivani è deragliato sabato mattina, alle 6.18, dopo essere finito contro un masso precipitato sui binari da un costone calcareo, forse per il maltempo. Nell’impatto è morto il macchinista Giuseppe Solinas, 49 anni, di Ploaghe

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    SASSARI. Una frenata disperata di venti metri per evitare quel masso grande come il treno che guidava. Un fischio lungo pochi secondi, il ferro delle ruote contro quello delle rotaie in uno spazio troppo breve per scongiurare lo scontro con il destino: Giuseppe Solinas, 49 anni, macchinista di Ploaghe, è morto pochi minuti dopo, sotto gli occhi dell’équipe del 118 che per mezz’� ora ha tentato il miracolo.

    L’incidente ferroviario è accaduto ieri mattina, alle 6.18, al chilometro 31,300 della linea ferrata che da Sassari porta a Chilivani. Giuseppe Solinas, macchinista esperto, era partito poco dopo le 6 da Sassari per un viaggio che - dopo tanti anni di servizio nelle Ferrovie - conosceva a memoria. Scala di Giocca (alle 6.15), il cementificio, la galleria, la semicurva che annuncia il Rio Antico. È ancora buio, i fari del treno regionale 8921 illuminano timidamente i binari. L’ostacolo improvviso è enorme, frutto di una frana assassina: un masso di 10 metri cubi volato giù da 150 metri, dal costone fragile che costeggia la ferrovia.

    Giuseppe Solinas lo vede quando ormai è troppo vicino. E allora frena, prova a ridurre la velocità del convoglio (in quel tratto di circa 75 chilometri orari). Ma non c’è lo spazio sufficiente, servirebbero 120-150 metri per bloccare il treno. L’impatto è devastante, sulla parte anteriore sinistra, dove si trova Giuseppe Solinas. L’automotrice esce dai binari, finisce fuori sul lato destro, contro la barriera paramassi.
    Scattano i soccorsi con le chiamate al 113 e al 118. Sul treno, oltre al macchinista e a un altro collega, ci sono la capotreno e quattro passeggeri. Uno di questi è Simone Vincelli, 44 anni di Sassari, falegname, pendolare diretto alla zona industriale di Chilivani. Dopo l’urto si precipita a capire cosa è successo.

    «Il macchinista era a terra - racconta - gli stavano prestando i primi soccorsi. Parlava, diceva che aveva caldo, allora gli abbiamo aperto la camicia e tolto le scarpe. Si lamentava del dolore alla gamba. Continuava a raccontare dei suoi figli, della moglie». Simone Vincelli si ferma un attimo, poi riprende: «Sono stato ottimista - dice - ho pensato che potesse farcela, non vedevo lesioni apparenti. Invece ha cominciato a non rispondere più. Ha chiuso gli occhi, ha detto che aveva sonno, che era troppo stanco. L’équipe del 118 ha cercato in tutti i modi di rianimarlo, mezz’ora continua di tentativi per riaccendere la speranza. Non c’è stato niente da fare».

    Il corpo di Giuseppe Solinas, è disteso sul pavimento della motrice, coperto con una fodera argentata. La barella arancione non serve più, rimane sull’erba bagnata dal gelo. Arrivano gli agenti della polizia ferroviaria di Sassari competenti per le indagini; quelli della sezione volanti della questura con il dirigente Bibiana Pala e l’ispettore Adriano Garrucciu; gli investigatori della squadra mobile e della polizia Scientifica con il dirigente Fortunato Marazzitta. C’è il comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Francesco Atzeni, insieme al capitano Sergio Molinari, comandante della compagnia di Sassari. Poco più in là gli agenti del Corpo forestale. Davanti a quel treno piegato sul fianco destro, si ferma il sostituto procuratore della Repubblica Gianni Caria, titolare dell’inchiesta.

    Guarda il costone in alto, segue con lo sguardo la lunga striscia lasciata da quella valanga di roccia che ha devastato alberi e cespugli, travolto le barriere, prima di finire la corsa sui binari. C’è il medico legale Salvatore Lorenzoni che compie un primo esame sul corpo di Giuseppe Solinas. L’ipotesi del decesso è la grave lesione di organi interni. Il cadavere viene rimosso in tarda mattinata e trasferito all’istituto di Patologia forense dove lunedì è in programma la perizia. Per arrivare nel punto dove è deragliato il treno bisogna attraversare un campo, poi percorrere centinaia di metri sui binari.

    Antonella Baule, giovane moglie di Giuseppe Solinas, sorella del sindaco di Ploaghe, arriva sorretta dal figlio Francesco e da un familiare. Urla tutta la sua disperazione, si avvicinano i colleghi del marito in lacrime e l’abbracciano. Poco dopo si avvicina anche la figlia, Federica e solo il commosso abbraccio di parenti e amici li tiene in piedi. Il magistrato detta i primi provvedimenti: treno sotto sequestro e accertamenti per verificare funzionalità ed efficienza tecnica; valutazione delle condizioni di sicurezza del costone che si affaccia sulla ferrovia: ricade nel territorio comunale di Muros (ieri mattina è arrivato il sindaco Rita Desole) ma già in concessione demaniale per anni all’Italcementi.

    Arrivano a decine, camminano sui binari, nessuno ci vuole credere a quell’incidente assurdo come tutte le cose imprevedibili. Tutti a ricordare l’uomo di sport che insegnava il calcio ai giovani, il dirigente instancabile, l’uomo politico impegnato nel sociale. Parole e tante lacrime per Giuseppe, morto sul lavoro. Ploaghe si ferma: niente partite e feste, nessuna Notte bianca. Solo un grande abbraccio e tanta solidarietà.

    Ploaghe piange Giuseppe

    PLOAGHE. L’ultimo pensiero di Giuseppe Solinas, quando i soccorritori e i sanitari del 118 lo hanno raggiunto sul treno, è stato per la moglie e i due figli. Per il suo meraviglioso mondo. Poi il buio. Di voce in voce, di casa in casa, come un vento gelido, la notizia della morte del quarantanovenne macchinista delle Fs ha fatto il giro di Ploaghe in brevissimo tempo.

    Giuseppe Solinas faceva parte di una famiglia stimatissima di Ploaghe. Da anni lavorava nelle Ferrovie dello Stato ed era considerato uno dei migliori macchinisti in attività. Lascia la moglie Antonella (sorella del sindaco Francesco Baule) e i due amatissimi figli Francesco e Federica, entrambi studenti.

    Increduli e sgomenti, i compaesani tracciano il ritratto di Giuseppe Solinas: persona solare, padre e marito modello, amava darsi da fare in ogni campo, comunicare e stare in mezzo alla gente. Uno dei suoi migliori amici dice che «era un punto di riferimento per tanti giovani e per tanta gente, una persona sincera e allegra, su cui si poteva contare sempre!».

    In paese Giuseppe Solinas era conosciuto e ben voluto da tutti. Da sempre impegnato nel sociale, ha fatto parte per tanti anni del gruppo dei Democratici di sinistra di Ploaghe, di cui è stato anche segretario.
    Un’altra sua grande passione era il calcio, a cui si dedicava anima e corpo. Aveva smesso di giocare dopo aver lungamente militato non solo nella squadra del paese, ma anche in altre formazioni del territorio, tra cui il Monte Alma di Nulvi, esperienza indimenticabile per lui ma anche per gli sportivi nulvesi.

    Da molti anni faceva parte del direttivo della squadra di calcio del paese (che oggi non giocherà, in segno di lutto), di cui era diventato una delle colonne portanti. Tutte le domeniche amava seguire le partite del Ploaghe, in cui milita anche suo figlio Francesco, cui era legatissimo, così come a tutta la sua famiglia.

    Molti non si danno pace e non vogliono credere che sia realmente accaduto: «Difficile pensare che ieri Giuseppe era con te in piazza o al campo sportivo a scherzare e oggi non c’è più».

    La tragedia ha lasciato sbigottito, impotente il paese, che ha preso anche la decisione unanime di sospendere e rinviare le due giornate di festa della notte bianca - Notte de Chelu, come era stata intitolata - organizzata dall’amministrazione comunale, dalla Pro loco e dalle associazioni del paese, e quella dedicata alla rassegna del centro Chirrios, per stare quanto più possibile vicini a tutti i familiari.

    I bidelli sopravvissuti: «L’inferno nel vagone, pensavamo di morire»

    SASSARI. Seduti vicini, come sempre. Rita e Bartolomeo, entrambi bidelli, entrambi lavoratori precari: un anno lì, quello dopo a centinaia di chilometri di distanza. Entrambi terrorizzati all’idea di fare su e giù per Olbia in auto, ogni giorno. Meglio andare in treno, è più sicuro, ti puoi riposare, leggere un libro, scambiare due chiacchiere se ti va. Da ieri Rita e Bartolomeo sono due sopravvissuti. Alle 6.18, quando si è sentito il boato, il treno ha cominciato a inclinarsi e il vagone si è riempito di fumo, hanno creduto di morire come i topi in gabbia.

    Lui, Bartolomeo Solinas, è un omone grosso così. All’uscita del pronto soccorso dell’ospedale civile tiene stretta la moglie, uno scricciolo in confronto a lui. Simonetta non lo molla un istante, gli tocca il viso, le braccia, poi gli dice dolcemente «andiamo a casa, è tutto finito». Bartolomeo ha 45 anni, due figli piccoli, e lavora come bidello all’istituto tecnico Panedda di Olbia.

    L’ingresso della scuola, in via Mameli, sta a due passi dalla stazione dove si ferma il treno. Lui ogni giorno, da settembre, arriva puntualissimo prima che entrino i ragazzi. È già sveglio da ore, perchè il treno parte da Sassari alle 5.58. Lui si alza alle 5, si prepara e va in auto alla stazione. Lì incontra Rita Lombardi, 42 anni, sposata da 20, due figli anche lei. Rita ha dormito mezzora meno di Bartolomeo perchè arriva da Sennori.

    Come lui deve prendere il treno per Olbia, la aspettano alla scuola media 3 «Ettore Pais» in via Nanni. Anche ieri Bartolomeo e Rita salgono insieme sul treno. E siedono vicini, nel primo vagone, quello a due passi dal macchinista, perchè lì fa più caldo. Ci parlano anche, con Giuseppe Solinas, lui è sorridente come sempre.
    Alle 6.18, quando il treno sbatte contro il masso enorme caduto sui binari, Rita viene catapultata sui sedili dall’altra parte. «L’h o vista cadere - dice Bartolomeo - non capivo ancora cosa stesse succedendo, ho pensato solo a proteggerla».


    Quando nel vagone entra il fumo, il treno si sta piegando sul lato destro e il pavimento sembra stia per esplodere sotto i piedi, Bartolomeo tiene stretta Rita che urla e piange perchè ha paura e non riesce a respirare, lei che soffre di attacchi asmatici. «Ho avuto la sensazione che qualcosa ci stesse risucchiando - racconta Rita - che da un momento all’altro saremmo andati a sbattere, come in un precipizio».

    Invece il treno si ferma, all’improvviso, in equilibrio precario sulle rotaie, mentre fuori si vede il fuoco che sale piano verso i finestrini. Bartolomeo si alza, va verso la cabina del macchinista, lo vede a terra, incastrato. «Era cosciente, diceva di avere caldo, di sentire dolore alle gambe, gli ho detto di stare tranquillo, che i soccorsi stavano arrivando». Per il 118 non è semplice raggiungere il punto dell’incidente. Tra la strada e i binari ci sono alcune centinaia di metri da percorrere a piedi. Mario Piana, 47 anni, muratore di Sennori, se li fa di corsa insieme al cognato Pieruccio Urgeghe.

    Devono andare da Rita, che poco prima ha telefonato in lacrime: «Qui è scoppiato il finimondo, venitemi a prendere». Mario, il marito, la carica sulla barella insieme agli operatori sanitari. E poi via, verso l’ambulanza che aspetta sulla strada. Bartolomeo, invece, all’ambulanza ci arriva con le sue gambe. Anche lui ha chiamato casa, ma alla moglie Simonetta ha detto una bugia innocente: «Il treno si è fermato, un piccolo guasto, non so se ripartirà subito. Ti faccio sapere».

    La convince a tal punto che Simonetta, che a quell’ora si è appena alzata (sono quasi le 7) si prepara per andare al lavoro, alla scuola elementare di Sant’Orsola dove insegna. Poi, alle 8.30, l’a ltra telefonata, Bartolomeo che le chiede di raggiungerlo in ospedale, lei che si precipita. Al pronto soccorso Rita e Bartolomeo si incontrano, per la seconda volta in questa mattinata terribile che non finisce mai. Lei sta su una barella, le fanno male la schiena e il petto, ha qualche linea di febbre. Anche lui ha diverse contusioni e gli duole il collo. Sette giorni di cure è la prognosi per entrambi. I lividi passeranno in fretta, i ricordi forse no. Rita e Bartolomeo si commuovono quando raccontano, quando spiegano come ci si sente di fronte alla vita che sta per lasciarti. E quando pensi che tu ce l’hai fatta, qualcun altro invece no.

    (20 dicembre 2009)
     
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