2 giorni a New York (2014)
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2 giorni a New York (2014)

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    2 giorni a New York (2014)

    2_giorni_a_New_York_2014



    COMMEDIA – DURATA 91′ – FRANCIA



    La trama
    Dopo la rottura con Jack, la fotografa francese Marion ha deciso di rimanere a vivere a New York con il bambino avuto dalla loro relazione. Impegnata in una nuova storia d'amore con il nero americano Mingus, Marion sta allestendo un'importante mostra di fotografia, quando da Parigi arrivano in visita negli States suo padre e sua sorella Rose in compagnia dell'ex fidanzato, pronti a mettere in subbuglio ogni aspetto della sua vita a causa del differente background culturale che si portano appresso.

    Il cinema di Julie Delpy è soprattutto "découpage" affettivo: ritagliando angoli di vissuto, appiccicando lembi familiari (il padre di Marion è il suo) a situazioni montate di lucidissima isteria, dimostra ancora una volta l’universalità del quotidiano. Come dice il suo personaggio, di fronte agli autoritratti in mostra, «pensavo che mediante lo studio di un microcosmo avrei potuto capire gli altri». Nel capitolo francese, il fidanzato la esortava a imparare a controllare la rabbia: evidentemente non l’ha fatto, le auguriamo di restare impulsiva e nervosa.


    La recensione
    Dopo aver fatto scapicollare lo straniero Adam Goldberg per gli arrondissement parigini, Marion/Julie Delpy trova relativa e transitoria quiete col nuovo compagno Chris Rock nella Grande Mela, dove accoglie la famiglia in visita dalla Francia. La sorella solo intravista nei 2 giorni a Parigi si rivela una ninfomane habitué delle droghe leggere, il papà si approccia al genero in modo fin troppo confidenziale, mentre la Delpy prende l’arte della sceneggiatura a scoppio e la mette da parte a favore di un autobiografico rimescolamento di eventi, gesti, parole.
    Può vendersi l’anima in un gesto “concettuale” o fingersi malata terminale per non farsi sfrattare: ha il potere di essere al contempo spontanea e delirante, naturalmente incontenibile e spudoratamente incredibile. Apre e chiude su un teatro di marionette fatto in casa, come a ribadire che il suo cinema è soprattutto découpage affettivo: ritagliando angoli di vissuto, appiccicando lembi familiari (il padre di Marion è il suo) a situazioni montate di lucidissima isteria, dimostra ancora una volta l’universalità del quotidiano. Come dice il suo personaggio, di fronte agli autoritratti in mostra, «pensavo che mediante lo studio di un microcosmo avrei potuto capire gli altri». L’interlocutore lo trova pretenzioso, in un cortocircuito con l’intenzione dell’autrice che senza riserve prende a morsi la vita (e Vincent Gallo, in un cameo). Nel capitolo francese, il fidanzato la esortava a imparare a controllare la rabbia: evidentemente non l’ha fatto, le auguriamo di restare impulsiva e nervosa.


    L'opinione più votata
    Voto al film: voto sufficiente
    Julie Delpy, ideale incarnazione della fragilita' tenace, della finezza abbinata alla determinazione e alla volonta' di ferro che così bene rappresentano l'ideale di donna francese fiera e determinata e' da alcuni anni anche regista, oltre che attrice. La sua carriera singolare e' costellata di film d'autore eccellenti (Il Quarto Comandamento di Tavernier, Film Bianco di Kieslowski, Europa Europa della Holland, Rosso Sangue, stupefacente esordio di Carax), di chicche cult come Killing Zoe o Un lupo mannaro americano a Parigi; e da una serie di film intimisti e carini firmati dal quel genietto furbo di Linklater (Prima dell'alba e Prima del Tramonto) che le hanno fornito il giusto spunto per 2 giorni a Parigi (che non ho ancora visto ma visionero' a giorni) e questo nuovo seguito, uscito in questi giorni in Francia. In questo secondo atto troviamo la fotografa Marion a New York con un nuovo compagno (il simpatico Chris Rock), intrattenitore radiofonico di un certo successo e i figli piccoli delle rispettive precedenti unioni. Lei sta organizzando una nuova mostra di foto (di dubbio gusto e valore) con tematica il risveglio. A sconvolgere il normale via vai quotidiano sara' lo sbarco in citta' del padre e della sorella di Marion, in visita dopo la morte della madre.
    Affetto, scaramucce, confronto di culture in un film piccolissimo e lieve che comunque preserva una sua dignità e un suo piccolo orgoglio. Alla fine la mostra fotografica sara' un macello e a Marion non restera' che vendere l'anima a Vincent Gallo (!?!), per pentirsi e cercare di recuperarla.
    Perche' la dignita' in fondo e' giusto che sopravviva.
     
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